Quando si parla di condizioni di salute che perdurano nel tempo, molto spesso si sente parlare anche di gruppi di sostengo in cui i pazienti possono condividere le proprie esperienze e non sentirsi soli nell’affrontare queste sfide.
In particolare quando si parla di HIV e di AIDS, condizioni che causano anche un impatto sociale non indifferente, il gruppo di sostegno diventa di vitale importanza al fine di non gravare ulteriormente sulla psicologia di queste persone.
Ma come funzionano esattamente questi gruppi? Proveremo a rispondere a questa domanda spiegando come si articola di solito un gruppo di questo tipo.
Lo scopo e le meccaniche del gruppo di sostegno
Innanzitutto è necessario fare una precisazione: molto spesso le persone con sieropositività non vogliono partecipare a gruppi di questo tipo per motivazioni di orgoglio o per paura di essere giudicati dagli altri. Si tratta infatti di una condizione che molti tengono nascosta, per evitare di subire quell’ostracismo tanto radicato all’interno della società.
In merito a questi due aspetti, è bene ricordare che: non è motivo di orgoglio affrontare una condizione medica seria e complessa come l’AIDS da soli, poiché non si hanno colpe da espiare. Inoltre non si verrà giudicati dalle altre persone nel gruppo, perché loro stesse si trovano nella medesima condizione.
Il gruppo di solito offre appuntamenti settimanali, anche se questo può chiaramente variare, e di solito contiene una dozzina di pazienti (il numero deve essere contenuto per dare la possibilità a tutti di parlare e per non sentirsi in ansia di fronte a una folla) accompagnati da un operatore che guidi i vari pazienti nel processo di guarigione.
Il meccanismo è simile a quello di molti altri gruppi di supporto, come per combattere gli abusi di sostanze o per affrontare malattie terminali.
Inoltre il primo incontro solitamente avviene in forma privata, così da non ritrovarsi immediatamente a parlare di fronte a una decina di persone.